giovedì 6 settembre 2012



SULPM ALESSANDRIA NEWS

Periodico di informazione tecnica, giuridica, sindacale e di attualità per gli operatori della polizia locale
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numero 31 – 5 settembre 2012 
  

Cassazione: la contraffazione dell'autorizzazione al parcheggio di persone invalide configura il reato di falso


" Integra il reato di falsità materiale del privato in autorizzazione amministrativa (artt. 477 e 482 c.p.) la riproduzione fotostatica del permesso di parcheggio, a nulla rilevando l'assenza dell'attestazione di autenticità, la quale non incide sulla rilevanza penale del falso allorché il documento abbia l'apparenza e sia utilizzato come originale, considerata anche la notevole sofisticazione dei macchinari utilizzati, capaci di formare copie fedeli all'originale, come tali idonee a consentire un uso atto a trarre in inganno la pubblica fede."

Si configura il falso per chi parcheggia utilizzando la fotocopia di un permesso per invalidi.


Questo è il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 33214 del 23 agosto 2012. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso di un guidatore condannato per falso in autorizzazione amministrativa che per parcheggiare aveva utilizzato una fotocopia di un permesso per invalidi. La Cassazione precisa che "non è punibile il falso grossolano, ossia soltanto quello facilmente riconoscibile ictu oculi anche da persone del tutto sprovvedute, mentre è punibile quello che richieda una certa attestazione per il riconoscimento della falsificazione". Nel caso di specie non si può parlare neanche di falso grossolano in quanto la falsità in oggetto era stata accertata da persona qualificata che aveva constatato la non rifrangenza di un bollino posto sull'atto, elemento rilevante non immediatamente percepibile da chiunque.

IL COMMENTO DELLA REDAZIONE
La forma di “contraffazione documentale ” non punibile è, per la attuale giurisprudenza, solo quella che appare evidente a tutti, in un momento storico in cui la tecnologia consente di formare titoli quasi identici agli originali. Rischia, pertanto, la condanna per “falso in autorizzazione amministrativa” chi falsifica, a regola d’arte, il permesso di parcheggio invalidi: in questa circostanza è rilevante l’accertamento del falso da parte di persona qualificata. Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione con la recente sentenza 33214 del 23 agosto 2012, presieduta dal Dott. Sandrelli.
La quinta sezione penale, ha evidenziato che integra il reato di falsità materiale del privato in autorizzazione amministrativa (articoli 477 e 482 c.p.) la riproduzione fotostatica del permesso di parcheggio, a nulla rilevando l’assenza dell’attestazione di autenticità, la quale non incide sulla rilevanza penale del falso, se il documento abbia l’apparenza e sia utilizzato come originale; va considerata, al riguardo, anche la notevole sofisticazione raggiunta dai macchinari utilizzati, capaci di formare copie fedeli all’originale, come tali idonee a consentire un uso atto a trarre in inganno la pubblica fede.
In aggiunta gli ermellini di Piazza Cavour hanno precisato che “..il falso grossolano non punibile è soltanto quello facilmente riconoscibile “ictu oculi”, anche da persone del tutto sprovvedute, mentre non è tale quello che richieda una certa attenzione per il riconoscimento della falsificazione”. Nel caso di specie, la falsità era stata accertata da persona qualificata, dopo un attento esame che ha evidenziato la non rifrangenza di un bollino apposto sull’atto, elemento certamente rilevante ma non immediatamente percepibile da chiunque! Sulla scorta di questo principio di diritto la Suprema Corte ha, quindi, confermato la sentenza di condanna per falso nei confronti di un uomo imputato per aver utilizzato una fotocopia di un permesso di parcheggio per disabili, abilmente riprodotto.

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San Benedetto del Tronto - Mendicante blocca il traffico e poi morde la mano di un vigile



San Benedetto, 29 agosto - Quattro uomini della polizia locale sono finiti al Pronto soccorso dell'ospedale di San Benedetto dopo l'aggressione ricevuta da un extracomunitario nigeriano che ieri mattina stava chiedendo l'elemosina in via Gramsci, nelle vicinanze del Caffé Florian. Tutti sono stati medicati e giudicati guaribili in sei giorni, ma per uno di loro saranno necessari altri accertamenti per i danni subiti a seguito di un morso molto profondo alla mano. I fatti. Tutto è accaduto in pochi minuti intorno alle 9.30, quando alcuni passanti si sono rivolti ad un vigile di servizio in zona, lamentandosi dei modi con cui l'extracomunitario chiedeva con insistenza ed arroganza l'elemosina ai passanti, proprio in una zona densamente frequentata per via del mercato infrasettimanale in atto.

L'agente della polizia locale si è avvicinato per invitarlo ad un maggiore rispetto della gente, a contenere i modi con cui chiedere un piccolo obolo. Un intervento molto pacato, ma la risposta è stata davvero spropositata. Il trentaseienne ha iniziato ad inveire contro il vigile il quale, ad un certo punto, ha dovuto chiedere la collaborazione di altri colleghi, che stavano operando in zona, per cercare di calmarlo e farsi consegnare i documenti per l'identificazione.
Niente da fare, anzi per rendere ancora più clamorosa la sua protesta, si è piazzato in mezzo alla carreggiata, nelle vicinanze del supermercato Tigre, finendo per paralizzare la viabilità. A quel punto gli agenti sono intervenuti per accompagnarlo sul marciapiede e si è scatenato l'infermo, schiaffi, pugni, calci e morsi, ma alla fine i quattro uomini della polizia locale, seppur contusi, sono riusciti a bloccarlo ed a condurlo negli uffici del commissariato, dove è stato identificato e dichiarato in arresto per: resistenza ed oltraggio a pubblico ufficiale, violenza e lesioni a più persone.
 ( tratto da http://www.ilrestodelcarlino.it/ )

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L’ANGOLO DELL’AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE



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Cassazione: si al ritiro della patente per chi guida da ubriaco il motorino


 Va ritirata la patente a chi viene trovato alla guida di un ciclomotore in stato di ebrezza. E poco importa che per la guida di quel mezzo non sia richiesta la patente. La Corte di Cassazione, con sentenza 13 agosto 2012, n. 32439, ha infatti chiarito che il principio in base al quale (secondo le Sezioni Unite della stessa Corte) le sanzioni accessorie non si applicano alle infrazioni commesse quando si è alla guida di mezzo che non richiede la patente, non si applica quando si guida un veicolo che richiede una "abilitazione" come nel caso del motorino.


Il principio sancito dalle sezioni unite resta valido quindi per altri veicoli come le biciclette. Come si legge nella parte motiva della sentenza "Nel caso di guida di un ciclomotore in stato di ebbrezza da parte di un soggetto munito di patente di guida, tale titolo abilitativo ha un'idoneità assorbente rispetto al certificato di idoneità, con l'ulteriore conseguenza che la sanzione amministrativa accessoria alla sospensione della patente di guida, prevista quale sanzione amministrativa obbligatoria anche in caso di sentenza di patteggiamento, deve necessariamente avere ad oggetto la patente di guida, in quanto titolo che abilita il soggetto anche alla guida del ciclomotore." In questo modo la suprema corte ha respinto il ricorso del conducente di un ciclomotore sorpreso alla guida mentre era un pò "alticcio". Nel ricorso aveva contestato la sospensione della patente, decisa dal Tribunale di Sant'Angelo dei Lombardi, sulla base del rilievo che il reato era stato commesso alla guida di un veicolo per il quale non è prevista la patente. La Corte tra le altre cose ha fatto anche notare che "i requisiti fisici e psichici richiesti per la guida dei ciclomotori sono quelli prescritti per la patente di categoria A, ivi compresa quella speciale". Se ne desume quindi che il certificato di idoneità per la guida di ciclomotori è un vero e proprio titolo di abilitazione alla guida, del tutto assimilabile alla patente di guida.

martedì 4 settembre 2012

Amnistia/ Su Affari il dibattito: "Chi ha commesso reati contro la persona deve pagare"

 
Da anni sosteniamo che occorre pensare alle vittime della strada ed ai loro famigliari, questi ultimi lasciati purtroppo soli ad affrontare i drammatici problemi conseguenti all’incidente. La legislazione processuale penalistica riserva gar
anzie agli indagati, agli imputati ed ai detenuti mentre nessuna norma di legge è volta a tutelare e difendere le vittime dei reati ed in uno Stato civile ciò non è accettabile.
Come operatori di polizia appartenenti a questo sindacato chiediamo con forza giustizia, non vendetta. Giustizia significa certezza della pena, significa aiuto e sostegno alle vittime dei reati ed ai loro famigliari che sono anch’essi cittadini italiani e che non possono essere abbandonati dallo Stato.
E rinnovando la nostra vicinanza alla famiglia di Andrea, riteniamo che la pena debba essere scontata per intero per tentare di risarcire, almeno in parte, il pianto dei famigliari ai quali purtroppo nessuno potrà mai dare consolazione.
 
SULPM – Sindacato Unitario Lavoratori Polizia Municipale - Segreteria Provinciale Alessandria