sabato 13 ottobre 2012



SULPL ALESSANDRIA NEWS

Periodico di informazione tecnica, giuridica, sindacale e di attualità
per gli operatori della polizia locale
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numero 32 – 14 OTTOBRE 2012 


ALESSANDRIA - Stipendi a rischio per 2.500 persone.


Il Sindaco: “ La città va a rotoli ”
Giovedì 18 ottobre la fiaccolata per dire “ no al declino della città di  Alessandria a causa del dissesto del Comune ”, cui viene invitata a partecipare « tutta la cittadinanza», poi pronti ad andare a Roma.


               il Sindaco di Alessandria Rita Rossa



Ieri mattina, al termine della ennesima riunione a Palazzo Rosso per il tavolo di crisi, il quadro emerso è drammatico: «Il Comune di Alessandria  non ha un euro in tasca. In questo momento non ci sono i soldi per gli stipendi di tutti i dipendenti comunali e delle società partecipate, così come mancano per i fornitori. Il sindaco Rita Rossa, ha messo a fuoco una situazione  drammatica di liquidità che non consente, allo stato attuale, di pagare gli stipendi. In tutto sono 2.500 i lavoratori che si troveranno senza soldi il 27 di ottobre. E probabilmente anche per i mesi di novembre e dicembre e per le tredicesime». L’impatto viene definito «devastante » anche  per il futuro dei lavoratori delle cooperative impegnate nei servizi: «I mancati incassi e la lievitazione del debito mettono in ginocchio un sistema di imprese che occupa oltre mille dipendenti». È il momento di una reazione corale. E la prima sarà la fiaccolata del 18 ottobre, alle 20.30, con partenza da piazza della Libertà. «Sarà aperta a tutti i cittadini perché la risposta deve essere necessariamente dell’intera comunità» «Alessandria rischia di morire, mentre il governo, che non può abbandonare i lavoratori, i cittadini e le imprese del capoluogo, continua a non dare risposte adeguate. E la Regione Piemonte, che non può fare il pesce in barile, blocca ancora i soldi che deve ad Alessandria ( le risorse sono già previste nei capitoli di spesa, manca solo il mandato di pagamento) e non si assume le responsabilità ».

( estratto dall’articolo de “ Il piccolo “ di Alessandria  a firma E. Sozzetti del 12.10.2012 )



IL COMMENTO DELLA REDAZIONE

Non ci interessano le diverse prese di posizione dei partiti e dei giornali che in questo momento giustificano o contestano l’aver deliberato lo stato di dissesto a seguito della ormai nota pronuncia della Corte dei Conti, quanto invece pensare alla situazione che oggi vivono tutti i cittadini ed i lavoratori di Alessandria sulle cui spalle ricadono purtroppo le conseguenze economiche della travagliata vicenda.

Non pagare gli stipendi crea danni e tensioni in un momento già di per se’ terribilmente complicato per le note scelte di politica economica del Governo Monti, scelte che questo Sindacato contesta apertamente per la ricaduta che esse hanno sulla qualità della vita dei lavoratori e dei pensionati.

Non siamo in grado di sapere cosa capiterà nei prossimi giorni e confidiamo sul fatto che il Governo si adoperi per non far pagare alla gente scelte e decisioni di chi ha amministrato nel recente passato questa Città, ed appoggeremo in maniera convinta ogni iniziativa che sia finalizzata a ridare speranza ai lavoratori ed alle loro famiglie.

I problemi che colpiscono la Città ed i lavoratori tutti - nell’interesse del quale siamo tutti quanti investiti della rappresentanza - non ci permettono divisioni di sorta e seppur da diverse posizioni rispetto ad altri sindacati, oggi tutti insieme abbiamo il dovere di fare fronte comune in un momento così difficile e delicato per Alessandria.

Il SULPM è presente nel Comune di Alessandria sia attraverso i propri iscritti che con una rappresentante eletta in seno alla RSU e crediamo che la coesione debba essere – soprattutto in questo momento – totale e convinta a sostegno della battaglia civile che l’Amministrazione Comunale sta sostenendo per tenere in vita una intera comunità ed una Città.

Pronti, se sarà il caso, ad andare a Roma a far sentire anche la nostra voce.  

LA REDAZIONE

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Spingere i figli all'accattonaggio è riduzione in schiavitù


per la difesa dell’imputato “ per la cultura della Comunità Rom, la richiesta di elemosina da parte di minorenni costituisce un vero e proprio “stile di vita”, una vera e propria “attività lavorativa”, attività che non ha nulla a che vedere con il maltrattamento e/o dei minori.



Chi costringe un bimbo a chiedere l'elemosina va condannato per riduzione in schiavitù: anche il fatto che l'accattonaggio sia considerato «un sistema di vita» nella tradizione Rom non salva dalla condanna. Lo afferma la Cassazione (sentenza 37638/12), confermando la condanna a sei anni di reclusione inflitta dalla Corte d'assise d'appello di Catanzaro ad un uomo, finito sotto processo per aver «sistematicamente e continuativamente»



costretto alla «pratica umiliante» dell'elemosina la figlia, di soli 10 anni, della propria convivente: «la bambina, era obbligata a dedicarsi all'accattonaggio dalla mattina alla sera dietro la minaccia e l'uso materiale della violenza nei suoi confronti» da parte dell'imputato. Il denaro ottenuto era consegnato a fine giornata ai genitori. L'uomo, nel ricorso in Cassazione, aveva rilevato che in base alle «millenarie tradizioni culturali dei popoli di etnia rom», a cui appartengono i protagonisti della vicenda, «l'accattonaggio assume il valore di un vero e proprio sistema di vita» quindi non è riduzione in schiavitù. La Suprema Corte ha invece dichiarato inammissibile il ricorso e ricordato che «commette il reato di riduzione in schiavitù colui che mantiene lo stato di soggezione continuativa del soggetto ridotto in schiavitù o in condizione analoga, senza che la sua mozione culturale o di costume escluda l'elemento psicologico del reato». 



19.10.2012 -  8° Giornata di Studio per la Polizia Locale
TEATRO CIVICO COMUNALE
Via Ammiraglio Mirabello, 1 – TORTONA  ( AL )
la brochure con il programma e la scheda di partecipazione: qui:
http://www.plinforma.com/files/tortona8rev.pdf



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L’ANGOLO DELL’AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE



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Semaforo malfunzionante?
La responsabilità è del Comune e dell’impresa di manutenzione
Cassazione civile , sez. III, sentenza 06.09.2012 n° 14927

In giurisprudenza, si reperiscono alcune sentenze di legittimità nelle quali la Corte di Cassazione ha inteso  affermare  il  principio  secondo  cui   

In  tema  di  circolazione  stradale, il  conducente che impegna un incrocio disciplinato da semaforo, ancorché segnalante a suo favore "luce verde", non è esentato dall'obbligo di diligenza nella condotta di guida, che, pur non potendo essere richiesta nel massimo, stante la situazione di affidamento generata dal semaforo, deve tuttavia tradursi nella necessaria cautela richiesta dalla comune prudenza e dalle concrete condizioni esistenti nell'incrocio” (Cassazione civile, sezione III, 27 giugno 2000, n. 8744).


Nell’ambito della responsabilità civile da circolazione stradale, ci si attenderebbe che tale principio – opportunamente traslato – conducesse all’affermazione di una responsabilità risarcitoria a carico dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro stradale verificatosi in corrispondenza di un incrocio semaforizzato in cui, a causa di un malfunzionamento dell’impianto, tutte le lanterne semaforiche proiettino contemporaneamente luce verde.
In una simile evenienza, infatti, appare evidente che ciascuno dei due conducenti abbia fatto totale affidamento nel semaforo segnalante a proprio favore “luce verde”, affrontando l’intersezione senza alcuna circospezione e, in particolare, senza preoccuparsi delle concrete condizioni esistenti nell’incrocio, che nel frangente – appunto – presentava la evidenziata anomalia.
La Cassazione civile, Sezione III, con la sentenza 6 settembre 2012, n. 14927, non è di questa opinione.


I Giudici di piazza Cavour, infatti, in questa occasione hanno radicalmente escluso l’applicabilità alla fattispecie dell’art. 2054 c.c., eleggendo ad esclusivo canone di attribuzione delle


responsabilità risarcitorie il criterio dettato dall’art. 2051 c.c., riferibile – peraltro – sia all’Ente Pubblico (Comune) proprietario del tratto stradale, sia dell’impresa manutentrice dell’impianto. Lo scontro tra veicoli, dunque, non perfeziona – neppure parzialmente – il fatto illecito, ma degrada a semplice evento dannoso, il cui fatto generativo è integralmente da ricercarsi aliunde, nella cosa ( ossia nell’impianto semaforico malfunzionante ).


Ne deriva che saranno chiamati rispondere del danno, solidalmente tra loro ex art. 2055 c.c., i soggetti a carico dei quali gravava a vario titolo la custodia della res.
L’ulteriore precipitato di una simile ricostruzione è che entrambi i conducenti coinvolti nello scontro assumono esclusivamente le vesti di parte danneggiata e, letteralmente prescindendo dal disposto dell’art. 2054 c.c., avranno entrambi diritto ad essere integralmente risarciti.
Riflettendo sulla soluzione approntata dalla Corte di Cassazione, viene così a delinearsi una singolare ipotesi in cui il danno generatosi in occasione di uno scontro tra veicoli – peraltro entrambi in marcia – esula dal concetto di circolazione stradale.
Più correttamente, è proprio la circolazione stradale a degradare da causa a mera occasione del fatto illecito, alla stessa stregua di quanto avviene con riferimento alle varie ipotesi di danni cagionati da insidia stradale.
(tratto da www.Altalex.it)

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